Tribunale di Teramo. Revoca del decreto ingiuntivo per carenza di legittimazione sostanziale della creditrice intervenuta
Il Tribunale di Teramo, nella causa di opposizione a decreto ingiuntivo, ha accolto la domanda e revocato il decreto ingiuntivo per carenza di legittimità della Banca cessionaria intervenuta.
Il Giudice ha dichiarato il difetto di prova di titolarità del credito in capo alla creditrice Ifis N.P.L. sulla scorta delle seguenti motivazioni.
Preliminarmente, chiarisce l’Organo Giudicante, il decreto ingiuntivo è un accertamento anticipatorio con attitudine al giudicato, tuttavia, instauratosi il contraddittorio a seguito dell’opposizione, si apre un giudizio a cognizione piena, caratterizzato dalle ordinarie regole processuali anche in relazione al regime degli oneri di allegazione e probatori (cfr. Cass. 17371/2003; Cass. 6421/2003).
Di conseguenza, oggetto del giudizio di opposizione non è tanto la valutazione di legittimità e di validità del decreto ingiuntivo opposto, quanto la fondatezza o meno della pretesa creditoria, originariamente azionata in via monitoria, con riferimento alla situazione di fatto esistente al momento della pronuncia della sentenza (cfr. Cass. 15026/2005; Cass. 15186/2003; Cass. 6663/2002). Quindi il diritto del preteso creditore (formalmente convenuto, ma sostanzialmente attore) deve essere adeguatamente provato, indipendentemente dall’esistenza – ovvero, persistenza – dei presupposti di legge richiesti per l’emissione del decreto ingiuntivo (cfr. Cass. 20613/2011).
Formulate le dovute premesse sui poteri di accertamento del Giudice, va esaminata la questione della successione della società Ifis NPL s.p.a. e del suo intervento nel giudizio. La parte opponente aveva, infatti, contestato la titolarità del credito in capo a Ifis NPL s.p.a. adducendo, a seguito del suo intervento in causa, che essa si è limitata a produrre l’avviso pubblicato in Gazzetta Ufficiale, di per sé inidoneo a dimostrare l’inclusione del credito oggetto di giudizio nell’operazione di cessione.
Secondo la Corte di Cassazione, sulla base di un ormai consolidato indirizzo delle corti di merito, la parte che agisca affermandosi successore a titolo particolare della parte creditrice originaria, in virtù di un’operazione di cessione in blocco ex art. 58 d.lgs. n. 385 del 1998, ha l’onere di dimostrare l’inclusione del credito oggetto di causa nell’operazione di cessione in blocco, in tal modo fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale, a meno che il resistente non l’abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuta (v. Cass. n. 4116-16; così Cass. Civ., n. 24798/2020; nel medesimo senso Cass. Civ., n. 4116/2016).
Secondo quanto si evinceva dalla prospettazione dell’intervenuta e dagli avvisi pubblicati in Gazzetta Ufficiale il contratto originario sarebbe stato ceduto da Banca Monte dei Paschi di Siena spa a Siena NPL 2018 srl e poi da questa a sua volta ceduto a Ifis NPL spa. L’unico documento prodotto in relazione alle cessione (in particolare, all’ultima, per quanto d’interesse) era l’avviso ex art. 58 TUB, sulla Gazzetta Ufficiale del 28/12/2019, che riguarda la cessione in blocco da Siena NPL 2018 srl a Ifis NPL spa, mentre non veniva prodotto alcun contratto di cessione né altro equivalente documento che consentisse di rilevare l’inclusione del credito verso l’opponente nell’operazione, cosicché era oggettivamente impossibile dedurre, anche solo indirettamente, tramite le caratteristiche generali, che lo specifico credito oggetto di causa fosse stato anch’esso ceduto.
Tanto premesso, Il Giudice decide di aderire alla recente precisazione della Corte di legittimità, sopra menzionata, secondo cui la norma dell’art. 58 TUB si limita a stabilire che la pubblicazione della cessione sulla Gazzetta Ufficiale fissa il giorno a partire dal quale il pagamento fatto nelle mani del cedente comunque non libera il ceduto ma, attesa questa sua “minima” struttura informativa, ma, come nel caso in commento, non dà alcuna indicazione specifica dei crediti che vi sono inclusi ovvero esclusi, né tanto meno consente di attestare la reale validità ed efficacia dell’operazione materialmente posta in essere: “La pubblicazione sulla Gazzetta, e/o l’iscrizione nel registro, non attengono al perfezionamento della fattispecie traslativa, né alla produzione del relativo effetto; non hanno valenza costitutiva e neanche di sanatoria di eventuali vizi dell’atto; non fanno parte della documentazione contrattuale inerente appunto alla fattispecie traslativa” (cfr. Cass, n. 5617/2020). Nel caso di contestazione del debitore è il cessionario a dover provare la titolarità del rapporto all’esito della cessione, con documenti circostanziati idonei a dimostrare l’incorporazione e l’inclusione del credito oggetto di causa nell’operazione di cessione in blocco. Tale prova è imprescindibile poiché chi si afferma successore della parte originaria ha l’onere di fornire la prova documentale della sua legittimazione, quindi nel caso di specie dell’effettività della cessione” (cfr. Cass. n. 4116/2016; Tribunale Roma, sez. IV, n. 11933).
Orbene, conclude l’ A.G., la parte intervenuta non ha fornito alcuna documentazione contrattuale negoziata con la banca cedente e neppure ha concretamente argomentato alcunché a confutazione dell’avversa eccezione di non inclusione del credito nell’operazione di cessione, impedendo così di risalire al rapporto ceduto.
Il Giudice quindi ha dichiarato il difetto di prova della legittimazione attiva dell’intervenuta e revocato il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Teramo.