Piano del consumatore e assenza di voto dei creditori: no all’assimilazione con il concordato preventivo o minore secondo la Cassazione (ord. n. 9549/2025)
Con l’ordinanza n. 9549 del 14 aprile 2025, la Corte di Cassazione, Sez. I Civile, chiarisce in modo definitivo che il piano del consumatore non è assimilabile né al concordato preventivo né al concordato minore.
L’eventuale previsione di una moratoria superiore a un anno o la falcidia dei crediti non impone il passaggio per il voto dei creditori. La valutazione giudiziale sopperisce a ogni forma di consenso, ribadendo la natura giurisdizionale e non negoziale del piano. La decisione tutela il diritto alla seconda possibilità e rafforza la centralità del giudice quale garante del bilanciamento tra esigenze creditorie e dignità economica del debitore.
La Cassazione rafforza la natura giudiziale della procedura e ne sancisce l’autonomia: Il piano del consumatore non è un concordato.
Con l’ordinanza n. 9549 del 14 aprile 2025, la Corte di Cassazione, Sez. I Civile, si pronuncia su un aspetto centrale della disciplina del piano del consumatore, rigettando la tesi secondo cui la presenza di una moratoria superiore all’anno e di una falcidia dei crediti imporrebbe il coinvolgimento deliberativo dei creditori, analogamente a quanto avviene nel concordato preventivo o nel concordato minore.
“Non può sostenersi che la tutela del creditore, ogniqualvolta il piano del consumatore preveda una moratoria superiore al termine annuale dell’art. 8, comma 4, e una falcidia del credito, debba transitare per l’introduzione nella procedura del piano del consumatore di una fase di deliberazione dei creditori sul gradimento del piano, analoga a quella esistente nella disciplina del concordato preventivo.”
La Corte evidenzia la natura specifica del piano del consumatore: si tratta di uno strumento a struttura giurisdizionale, in cui la legittimità e convenienza della proposta sono valutate direttamente dal giudice, senza alcun meccanismo approvativo o votazione da parte dei creditori. A differenza delle procedure concorsuali, il piano si fonda sulla protezione del soggetto meritevole e sull’effettiva possibilità di ripartenza.
L’ordinanza smentisce l’analogia con il concordato minore, che, sebbene riservato a soggetti non fallibili, mantiene una struttura partecipativa e prevede il voto dei creditori. Il piano del consumatore, invece, ne resta ontologicamente distinto.
“Non esiste un obbligo normativo di acquisire il consenso dei creditori neppure nei casi in cui siano previsti effetti pregiudizievoli come la falcidia o una moratoria protratta: spetta al giudice valutare se il piano realizzi una soddisfazione dei creditori migliore o comunque non inferiore a quella ricavabile da una liquidazione.”
La moratoria oltre l’anno, prevista dall’art. 8, comma 4, CCII, non ha valore assoluto e può essere superata con adeguata motivazione. Parimenti, la falcidia è legittima se assicura un risultato economicamente più vantaggioso della liquidazione, nel rispetto dei principi dell’art. 70 CCII.
La Corte afferma che l’opposizione del creditore non blocca l’omologazione se il piano è conforme ai parametri legali. L’assenza di voto non viola il diritto del creditore, il quale è garantito dall’intervento giudiziale, autentico filtro di legalità e congruità.
Il piano del consumatore si conferma così uno strumento autonomo, finalizzato alla protezione del debitore incolpevole, in linea con i principi della Direttiva UE 2019/1023. L’ordinanza 9549/2025 rappresenta un punto fermo per l’interpretazione coerente del Codice della crisi: rafforza il paradigma della “seconda opportunità”, esclude assimilazioni improprie con altre procedure e assicura l’equilibrio tra interessi debitori e creditori attraverso il controllo giudiziale.
Corte di Cassazione, Sez. I Civile, ordinanza 14 aprile 2025, n. 9549