Legittimazione sostanziale attiva del cessionario di crediti bancari ceduti in blocco art. 58 del Testo Unico Bancario: onere probatorio
di Monica Mandico e Pasquale Capaldo
La pronuncia resa dal Tribunale di Marsala in sede di reclamo proposta da cessionaria analizza il tema della legittimazione sostanziale attiva del cessionario di crediti bancari ceduti in blocco ai sensi dell’art. 58 del Testo Unico Bancario, con particolare attenzione all’onere probatorio in sede contenziosa. Viene criticata l’interpretazione giurisprudenziale secondo cui la pubblicazione dell’avviso di cessione in Gazzetta Ufficiale sarebbe di per sé sufficiente a dimostrare la titolarità del credito, sostenendo invece la necessità di una prova documentale specifica e rigorosa, specie in caso di contestazione. L’analisi giuridica, fondata su recenti pronunce della Corte di Cassazione, distingue tra l’opponibilità della cessione al debitore e la dimostrazione del perfezionamento del trasferimento del credito, ribadendo che il cessionario deve fornire la prova dell’inclusione del credito nel contratto di cessione. L’elaborazione si muove nel solco di un’impostazione tecnico-formalistica che tutela l’affidamento del debitore e rafforza il principio dispositivo e il diritto alla prova nel processo civile.
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La legittimazione sostanziale del cessionario nei crediti in blocco ex art. 58 TUB: onere probatorio e limiti della pubblicità legale
Il trasferimento dei crediti bancari in blocco, ai sensi dell’art. 58 del D.lgs. n. 385/1993 (Testo Unico Bancario), ha sollevato complesse questioni interpretative in merito alla prova della legittimazione sostanziale attiva in capo al cessionario, soprattutto nell’ambito del contenzioso esecutivo. La norma consente alle banche e agli intermediari finanziari autorizzati di cedere, in deroga alle ordinarie regole codicistiche, complessi di rapporti giuridici qualificati dalla loro omogeneità per categorie, con l’effetto di semplificare la circolazione dei crediti attraverso un regime di pubblicità che sostituisce la notifica individuale prevista dagli artt. 1264 e 1265 c.c. Tuttavia, la deroga all’obbligo di notifica, intesa a favorire l’efficienza del mercato secondario del credito, non può tradursi in un indebolimento delle garanzie difensive del debitore ceduto né in un’esenzione dall’onere della prova per il cessionario che agisca in giudizio.
Una parte della giurisprudenza, facendo leva sul tenore letterale dell’art. 58, ha ritenuto sufficiente la produzione dell’avviso di cessione pubblicato in Gazzetta Ufficiale per dimostrare la titolarità del credito in capo al cessionario, qualora tale avviso contenga una descrizione per categorie dei rapporti ceduti idonea a ricomprendere anche il credito oggetto di causa. Questo orientamento, rappresentato ad esempio da Cass. 31188/2017, valorizza esigenze di economia processuale e funzionalità del mercato dei crediti deteriorati, ammettendo che l’indicazione per classi omogenee dei rapporti ceduti sia sufficiente a individuare il credito senza necessità di una specifica elencazione.
Tale lettura, tuttavia, è stata oggetto di critica e superamento da parte di un diverso e più recente filone interpretativo, che distingue nettamente il piano dell’opponibilità della cessione al debitore ceduto (profilo pubblicitario) da quello della prova del perfezionamento della cessione e della legittimazione sostanziale del cessionario. Secondo tale orientamento, oggi maggioritario, il cessionario che agisca in via esecutiva o monitoria è gravato dell’onere di dimostrare che il credito azionato rientra effettivamente tra quelli oggetto del contratto di cessione, con la conseguente necessità di produrre il contratto stesso o altra documentazione idonea a provare l’inclusione del rapporto.
La Corte di Cassazione, in diverse pronunce, ha affermato che la pubblicazione dell’avviso di cessione ex art. 58 TUB svolge una funzione meramente pubblicitaria, ai fini dell’opponibilità al debitore ceduto, ma non è idonea a costituire prova dell’inclusione del credito nella massa ceduta, ove ciò sia oggetto di contestazione. Si richiede, quindi, la produzione del contratto di cessione o di altra prova documentale, purché idonea e tempestiva, che consenta di individuare in modo certo il credito come incluso nell’operazione di trasferimento. In questo senso, si esprimono Cass. 24798/2020 e Cass. 4116/2016, secondo cui l’onere probatorio in ordine alla titolarità del credito grava su chi agisce, anche quando l’operazione rientra nella disciplina speciale del TUB.
Sul punto il Tribunale di Marsala in composizione negoziale offre – nel provvedimento in commento – un interessante spunto; dopo aver tracciato una disamina di tutti i tratti inerenti i vari passaggi giurisprudenziali, lo stesso Collegio traccia una netta distinzione tra opponibilità della cessione e legittimazione sostanziale attiva: la prima riguarda la possibilità per il cessionario di far valere il credito nei confronti del debitore ceduto, e può essere soddisfatta con la sola pubblicazione in Gazzetta Ufficiale;
la seconda, invece, attiene alla titolarità del diritto sostanziale e deve essere provata con documenti che dimostrino l’avvenuto trasferimento del credito specifico. Questo principio si applica con maggiore rigore nel processo esecutivo, dove la legittimazione attiva costituisce un presupposto dell’azione forzata, non potendo essere presunta né surrogata da meri indizi o presunzioni semplici.
Quanto ai mezzi di prova, la giurisprudenza è altresì chiara nel ritenere che, quando si discute della titolarità di un credito derivante da un contratto, la prova per testi o per presunzioni è ammessa solo in presenza delle condizioni stabilite dagli artt. 2721 e 2729 c.c., ovvero nei limiti delle eccezioni previste dall’art. 2724 c.c. In difetto di tali condizioni, e in mancanza del contratto di cessione o di documentazione equivalente, la legittimazione attiva non può dirsi dimostrata. Inoltre, deve escludersi che la disponibilità del titolo esecutivo da parte del cessionario o la produzione di una certificazione notarile generica possa sostituire la prova documentale diretta della cessione.
Il rigore probatorio è giustificato, oltre che dalla natura dell’azione esecutiva, anche dal contesto economico e soggettivo in cui si collocano le operazioni di cartolarizzazione: si tratta di soggetti altamente qualificati – istituzioni bancarie e finanziarie – che operano attraverso strumenti giuridici formalizzati, e che dunque devono ritenersi in grado di produrre la documentazione contrattuale rilevante. La mancata produzione di tale documentazione non può essere surrogata da una mera presunzione di appartenenza del credito alla massa ceduta, atteso che la stessa struttura delle operazioni di cessione in blocco implica spesso una pluralità di cessioni successive e un elevato grado di articolazione dei portafogli.
In definitiva, la tesi secondo cui la legittimazione attiva possa ritenersi sussistente in virtù della sola pubblicità ex art. 58 TUB appare non conforme ai principi generali in tema di onere della prova. Al contrario, è da preferire l’impostazione secondo cui, nel giudizio in cui sia oggetto di contestazione la titolarità del credito, il cessionario è tenuto a dimostrare, con documenti idonei, che il credito azionato è stato effettivamente oggetto del contratto di cessione, rientrando nel portafoglio negoziato. Solo tale ricostruzione consente di contemperare le esigenze di efficienza del mercato del credito con i principi fondamentali del giusto processo, evitando che l’esecutato venga sottoposto a un’azione forzata da parte di un soggetto non legittimato a farlo.