La responsabilità del committente verso i dipendenti dell’appaltatore fallito
Con lo stato crescente della crisi economica e finanziaria, i lavoratori subordinati si trovano molto spesso nella condizione di non ricevere la retribuzione maturata a fronte di mesi e mesi di lavoro, con difficoltà a recuperare il credito accumulato.
Senza accorgersi, ci si trova così ad esser creditori per svariate migliaia di euro ed il debitore datoriale, è sempre più insicuro della sua solvibilità.
La Suprema Corte, con l’ordinanza n. 15558 del 10.06.2019, confermando le indicazioni della Corte d’Appello, afferma che, in materia di appalto, l’apertura del procedimento fallimentare nei confronti dell’appaltatore non comporta l’improcedibilità dell’azione precedentemente esperita dai dipendenti nei confronti del committente, ai sensi dell’art. 1676 c.c., per il recupero del loro credito verso l’appaltatore/datore.
Tale previsione normativa risponde, infatti, proprio all’esigenza di sottrarre il soddisfacimento dei crediti retributivi al rischio dell’insolvenza del debitore.
Secondo i Giudici di legittimità, si tratta di un’azione diretta, incidente, in quanto tale, direttamente sul patrimonio di un terzo (il committente) e solo indirettamente su un credito del debitore fallito.
Per la sentenza, tale situazione, non pregiudica la par condicio creditorum, non essendo irrazionale una norma che accorda uno specifico beneficio a determinati lavoratori – anche rispetto ad altri – in relazione all’attività lavorativa dai medesimi espletata e dalla quale un altro soggetto (il committente) ha ricavato un particolare vantaggio.
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Cass.-ord.-n.-15558-2019 pagamento retribuzioni falliti