La possibilità di evitare lo sfratto per morosità a causa dell’epidemia CoVid19
Il dipartimento di diritto commerciale dello Studio Legale Mandico&Partners, su impulso dei colleghi Monica Mandico, Fabio Nobili e Francesco Spina, segnala una recente ordinanza depositata, in un giudizio pendente presso il Tribunale di Nocera Inferiore, che sembra dare ulteriore conferma ad un orientamento giurisprudenziale che va consolidandosi in tutta Italia.
Infatti dopo i provvedimenti del Tribunale di Roma (del 27.08.2020 e del 31.07.2020), del Tribunale di Venezia (del 22.05.2020 e del 28.07.2020) del Tribunale di Frosinone (del 7.08.2020) e del Tribunale di Catania (del 30.07.2020) anche il Tribunale di Nocera sembra percorrere lo stesso orientamento.
Il giudice, accogliendo le ragioni della società conduttrice, non convalida lo sfratto per morosità, muta il rito e ordina la mediazione obbligatoria alle parti disponendo, in caso di esito negativo della stessa, la concessione di un termine per integrare gli atti ai fini della prosecuzione del procedimento nelle forme del rito locatizio.
Di particolare rilievo risulta essere il richiamo dell’art. 91 del d.l. n. 18/20, a tenore del quale “il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti”; nonchè dell’art.1455 c.c. a mente del quale: “Il contratto non si può risolvere se l’inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo all’interesse dell’altra”.
Secondo l’interpretazione del Decidente, infatti, tale norma incide nella valutazione della gravità dell’inadempimento del conduttore in relazione alla domanda di risoluzione del contratto.
Seguendo questo ragionamento, pertanto, il rispetto delle norme di contenimento esplica un effetto più ampio rispetto a quello espressamente codificato nell’art. 91, operando sia sulla responsabilità per i danni che l’inadempimento possa aver cagionato al creditore / locatore (artt. 1218 e 1223 c.c.), sia sull’applicazione di eventuali decadenze o penali, sia, infine, sulla struttura stessa dell’inadempimento, influendo sulla valutazione della sua gravità.
Come sappiamo, infatti, la paralisi dell’economia dovuta allo stato di emergenza e all’impossibilità di formulare previsioni accettabili sui flussi di cassa che verranno prodotti dalle piccole e medie imprese, dovuta alle misure di contenimento del Covid 19, ha generato una contrazione delle previsioni di entrata dei singoli individui. Questa generale situazione di immobilismo, unitamente alla sospensione delle attività processuali, (ai sensi dell’art. 83 del D.L. Cura Italia) ha influito anche sulla sorte dei contratti di locazione.
In quest’ambito, in caso di temporanea impossibilità per il conduttore di pagare il corrispettivo previsto per la fruizione del bene, si assiste ad un contrasto tra due principi cardine del nostro ordinamento positivo: Pacta sunt servanda e rebus sic stantibus, ossia una tendenza alla conservazione del contratto alle condizioni pattuite al momento della stipula, e un temperamento rapportato allo stato delle cose, ovvero alla realtà dei fatti.
Generalmente tanto il locatore quanto il conduttore hanno interesse alla conservazione del contratto, tuttavia la circostanza sopravvenuta ed imprevedibile, il cd factum principis, dell’emergenza sanitaria ha determinato, in moltissimi casi, un’impossibilità per il conduttore di adempiere regolarmente al pagamento dei canoni. In ogni caso l’obbligazione pecuniaria non è suscettibile di divenire impossibile: il debitore, anche dopo la costituzione in mora, è sempre tenuto ad eseguirla e, oltre alla somma dovuta per il ritardato pagamento dei canoni, il debitore dovrà gli interessi moratori secondo il tasso legale.
Nondimeno, il contraltare a questa responsabilità a carico del conduttore per ritardo nell’esecuzione del contratto, è costituito dalla previsione che l’impossibilità sopravvenuta della prestazione, per causa non imputabile al debitore, è posta a carico del creditore.
A questo punto, considerato che è interesse di entrambe le parti dell’obbligazione non risolvere il contratto di locazione, ecco quali sono i rimedi codicistici che permettono alle parti di tenerlo in vita, anche in seguito ad una temporanea impossibilità sopravvenuta del conduttore di adempiere al pagamento del canone:
Art. 1463 c.c. Principio generale di sopravvenuta impossibilità di fruire della prestazione.
Quando sopravvenga l’impossibilità della prestazione per causa non imputabile al debitore (1218 c.c. ), questi rimane liberato in quanto la sua obbligazione si estingue ex art. 1256 c.c. Tuttavia, è vero che, nel determinare concretamente l’impossibilità della prestazione non si può affatto prescindere dalla valutazione dell’interesse del creditore anche non patrimoniale (1174 c.c.), è evidente che non si potrà affatto parlare di impossibilità della prestazione (onde questa potrà sempre costituire il contenuto valido di un rapporto obbligatorio) tutte le volte in cui il creditore, nonostante eventi che abbiano colpito l’oggetto del rapporto, se ne dichiari ugualmente soddisfatto. In questi casi, se il creditore intende continuare nell’esecuzione del rapporto, adempiendo la propria controprestazione, il debitore non potrà sottrarvisi, ricorrendo all’art. 1463 c.c..
Art. 1256 comma 2 c.c. impossibilità temporanea della prestazione.
Il debitore è esonerato dalla responsabilità per il ritardo nel caso di impossibilità temporanea ma egli deve adempiere appena la prestazione diviene possibile.
Art. 1460 c.c. contratti sinallagmatici.
Ciascuna prestazione trova giustificazione nella prestazione della controparte tuttavia, non il creditore, può rifiutare l’esecuzione se, avuto riguardo alle circostanze, il rifiuto è contrario alla buona fede.
Ed è proprio il richiamo al principio di buona fede, avuto riguardo alle circostanze (c.d. factum principis) che impone alle parti del contratto di elaborare delle clausole di adeguamento che prevedano di rinegoziare l’oggetto della prestazione prevedendo o una sospensione nel pagamento del canone mensile o, addirittura, una riduzione temporanea dello stesso.
Sul punto si è espresso anche il Tribunale di Bari con l’ordinanza del 9 maggio 2020 secondo cui “In considerazione sia della eccezionalità del contesto venutosi a creare a seguito dell’emergenza epidemiologica “Coronavirus”, sia della valutazione di convenienza economica gestoria, il Giudice può accogliere la richiesta, formulata dall’utilizzatore di un immobile pignorato, di ridurre il corrispettivo per il contratto di precario utilizzo.”
Concludendo, si può affermare che esista un vincolo di solidarietà tra le parti ex art. 1374 c.c., che impone, nella pratica, un obbligo di rinegoziazione delle condizioni previste nel contratto di locazione originariamente formulato, in considerazione delle circostanze straordinarie ed imprevedibili in cui, l’intera comunità è venuta a trovarsi in questi difficili mesi.
Pertanto, ci si augura che in futuro, anche grazie all’orientamento giurisprudenziale che si sta consolidando, i conduttori ed i locatori possano addivenire bonariamente ad una rinegoziazione dei canoni per rendere percorribile e sostenibile i contratti in essere.
Ordinanza Tribunale Nocera – Evitato sfratto per morosità