La nullità del mutuo per superamento del limite di finanziabilità va sollevata anche nel sovraindebitamento
LA LEGGE 3/12 riformata dalla L.176/2020, consente ai debitori in stato di sovraindebitamento, cioè a coloro che concretamente e in base alle proprie disponibilità economiche non sono più in grado di far fronte ai pagamenti verso i creditori, di ridurre e/o di estinguere i propri passivi tramite procedure di dilazione o di falcidia del debito ( con banche, finanziarie, fisco ecc)., cancellando la parte rimasta impagata.
La normativa che regola queste procedure è in particolar modo rivolta a piccoli imprenditori, lavoratori autonomi, professionisti, consumatori e a tutti coloro che non possono accedere alle procedure concorsuali ( come il fallimento ad esempio) e che hanno contratto debiti che non riescono più ad adempiere per varie difficoltà sopravvenute, o per un indebitamento graduale dovuto all’aumento dei costi della vita o del prestito erogato ( pensiamo ai tassi, interessi e commissioni applicate da banche e finanziarie ai vari finanziamenti). Questi soggetti possono proporre, tramite gli organismi di composizione della crisi O.C.C., ai creditori una ristrutturazione delle debitorie che garantisca il regolare pagamento dei vari creditori e avere così la possibilità di esdebitarsi, cancellando il debito residuo non soddisfatto, avendo così una seconda possibilità di essere immessi nell’economia reale.
Pertanto NEL CASO IN CUI E’ STATO STIPULATO UN MUTUO FONDIARIO E SI STA VALUTANDO LA PRESENTAZIONE DI UNA PROCEDURA DA SOVRAINDEBITAMENTO, E’ IMPORTANTE VERIFICARE PRELIMINARMENTE SE IL FINANZIAMENTO CONCESSO E’ STATO EROGATO IN MODO CORRETTO SECONDO LA DISCIPLINA VIGENTE E CIOE’ SE LA BANCA HA RISPETTATO IL LIMITE DI FINANZIABILITA’, perché in caso di mutuo eccedentario è giusto far valere questa violazione anche attraverso un giudizio ordinario, al fine di strumentalizzarla anche nella stessa procedura di sovraindebitamento che s’intende proporre
LA LEGGE INFATTI PREVEDE CHE LE BANCHE DEBBANO RISPETTARE IL LIMITE DI FINANZIABILITA’ NELLE OPERAZIONI DI CREDITO FONDIARIO, OSSIA NON POSSONO CONCEDERE FINANZIAMENTI SUPERIORI AL 80% DEL VALORE CAUZIONALE DEGLI IMMOBILI IPOTECATI. lo sconfinamento di esso conduce automaticamente alla nullità dell’intero contratto fondiario. Con il superamento del limite di finanziabilità, viene disattesa la normativa di riferimento ( art. 38 TUB)– e non tanto – sul versante del comportamento, quanto e soprattutto sul versante dell’oggetto del finanziamento fondiario eccessivo, in quanto la limitazione dell’importo del mutuo e, conseguentemente, della garanzia ipotecaria, non riflettendo gli interessi particolari delle parti contraenti, costituisce un limite inderogabile all’ autonomia privata.
In ipotesi di violazione, dunque, il mutuo è nullo, atteso che la disciplina del credito fondiario è norma imperativa inderogabile, come ribadito da diverse pronunce della Suprema Corte di Cassazione. La disciplina in questo attiene ai mutui fondiari.
Il mutuo o credito fondiario è una speciale tipologia di finanziamento a medio/lungo termine che mira a soddisfare finalità sociali non derogabili dalla autonomia contrattuale delle parti, al fine di giungere alla realizzazione di molteplici interessi pubblici, tra cui l’esigenza di recuperare le somme erogate nel più breve tempo possibile, consentire il rispetto integrale del contratto anche dopo la risoluzione dello stesso riconoscendo il diritto potestativo al terzo che partecipa alla vendita forzata di subentrare nel contratto risolto senza l’autorizzazione del giudice ed il consenso del creditore (cfr. art. 41, comma 5 T.U.B.), e tutelare il debitore da eventuali rischi espoliativi. Pertanto tale forma di mutuo viene garantita da ipoteca di primo grado sull’immobile. L’ipoteca potrà essere concessa solo se l’immobile è capiente, ossia possa garantire la restituzione della somma erogata, degli interessi e delle spese di procedura. In caso di fallimento del mutuatario, essendo il credito bancario garantito da ipoteca, la banca in sede di riparto ha facoltà di soddisfarsi in via privilegiata.
La normativa di riferimento è la seguente:
-Il CICR con la delibera del 1995 ha stabilito che “l’ammontare massimo del finanziamento di credito fondiario è pari all’80% del valore dei beni ipotecati o del costo delle opere da eseguire sugli stessi”.
-il comma 2 dell’art. 38 T.U.B. prevede: “La Banca d’Italia, in conformità delle deliberazioni del CICR, determina l’ammontare massimo dei finanziamenti, individuandolo in rapporto al valore dei beni ipotecati o al costo delle opere da eseguire sugli stessi, nonché le ipotesi in cui la presenza di precedenti iscrizioni ipotecarie non impedisce la concessione dei finanziamenti”. La disposizione è volta a regolare il quantum della prestazione creditizia al fine di favorire la mobilizzazione dell’immobile e agevolare e sostenere l’attività d’impresa.
Quindi, tale limite di finanziabilità fissato per legge è pari all’80% del valore dei beni ipotecati o del costo delle opere da eseguire sugli stessi, e può giungere al 100% solo qualora vengano prestate determinate garanzie integrative a quella ipotecaria di primo grado individuate dalla delibera CICR di attuazione del 22.04.1995 in attuazione dell’art. 38 T.U.B. in: “fideiussioni bancarie, polizze fideiussorie di compagnie di assicurazione, garanzia rilasciata da fondi pubblici di garanzia o da consorzi e cooperative di garanzia fidi, cessioni di crediti verso lo Stato, cessioni di annualità o di contributi a carico dello Stato o di enti pubblici, pegno su titoli di Stato”.
Il limite di finanziabilità costituisce tratto distintivo del contratto di mutuo fondiario nonché rientra tra i requisiti ed elementi essenziali di tale contratto, la cui mancanza è suscettibile di determinare la nullità del contratto, per violazione di un limite inderogabile posto dall’autonomia privata a tutela di un interesse pubblico.
E’ possibile che si verifichi una sopravvalutazione dell’immobile al momento della erogazione del credito con conseguente sovra-finanziamento; è possibile poi una perdita di valore degli immobili in generale per calo del mercato immobiliare; oppure una perdita specifica di valore del singolo immobile; difficoltà e lungaggini nella vendita forzata; spese eccessive della procedura di espropriazione immobiliare. In questi casi la banca difficilmente sarà in grado di recuperare totalmente il proprio credito, tutto ciò porterà a rendere l’immobile ipotecato non più capiente, per cui non solo si rischia di perdere l’immobile all’asta, (mortificato nel suo valore, per ogni asta che va deserta -20%) ma che nonostante la perdita del bene staggito si continuo ad esser indebitati.
È derivato che per la normativa comunitaria e nazionale ai fini del calcolo del credito massimo concedibile nelle operazioni di credito fondiario, e dell’eventuale valutazione del superamento del limite di finanziabilità, il valore su cui fare riferimento non è il prezzo pattuito tra le parti, valore commerciale (speculativo) o di mercato dell’immobile da ipotecare, bensì, in linea di continuità con la previgente disciplina di cui alla L n. 474/49 in materia di credito edilizio e con la direttiva 2000/12/CE, è il valore cauzionale effettivo del bene, Mortgage Lending Value (MLV), ossia l’importo ricavabile dal netto realizzo in asta dell’immobile ipotecato, ovvero il valore che sia frutto di una stima basata sul “prudente apprezzamento della futura negoziabilità dell’immobile” calcolato tenendo conto degli aspetti durevoli a lungo termine e delle condizioni del mercato, dell’uso corrente e dei suoi appropriati usi alternativi, ed inteso nella prospettiva futura dell’eventuale inadempimento del cliente e della conseguente necessità di realizzo forzoso del contratto da parte della banca. Tale valore deve bastare ad assicurare in modo certo e sicuro la restituzione del capitale, degli interessi e delle spese di procedura; in questa prospettiva il reddito del mutuatario acquista ruolo assolutamente secondario. A tale proposito è necessario ispirarsi alla normativa comunitaria in materia, direttive 1998/32/CE del 22 giugno 1998, 2013/575/CE del 26 dicembre 2013 comprese le altre direttive su menzionate, insieme alle circolari della Banca d’Italia n. 263 del 27 dicembre 2006, e n. 285 del 17 dicembre 2013, nonché le linee guida dell’ABI sulle valutazioni immobiliari del maggio 2011, che in conformità alle deliberazioni del CICR, ne determina il limite di erogazione partendo da un raffronto tra il valore del bene ipotecato e l’ammontare del capitale finanziato.
Il predetto valore quindi, è insuscettibile oltre che rispetto al prezzo pattuito tra le parti per la compravendita, anche al valore di mercato in un determinato momento, che a qualsiasi considerazione di carattere speculativo, rilevando invece la sola previsione del netto realizzo in sede di vendita giudiziale in asta, per cui il valore è frutto di una stima basata sul prudente apprezzamento della futura negoziabilità dell’immobile. A questi fini si richiama anche quanto statuito in giurisprudenza: “Ai fini dell’apprezzamento circa il rispetto del limite di finanziabilità prescritto per il mutuo fondiario dalla normativa legale e regolamentare, il giudice deve tenere in considerazione il cd. valore cauzionale del bene ipotecato, vale a dire la concreta e attuale prospettiva di negoziabilità dell’immobile, del tutto svincolata da considerazioni di carattere speculativo, sì che, se non è possibile far riferimento a un valore di liquidazione, tra le diverse stime possibili deve privilegiarsi quella di tipo prudenziale” (Cass. I sez. civ., ord. 09/05/2018 n. 11201).
Nella prassi invece, le aziende di credito iscrivono l’ipoteca volontaria quasi sempre per un importo pari al doppio della somma mutuata, atteso che individuano nell’importo totale dell’iscrizione il valore commerciale del bene e nella somma erogata il valore cauzionale del bene ipotecato.
Una eccessività del mutuo rispetto al valore cauzionale è tale da stravolgere la disciplina del credito fondiario, la violazione del limite di finanziabilità e della disciplina del credito fondiario dovuta ad una sopravvalutazione del bene immobile arreca un danno non solo alle parti contrattuali, ma a tutti coloro che partecipano o sono interessati al mercato, e quindi al sistema economia in quanto l’effettuazione di una tale operazione bancaria contraria all’ordine pubblico e non derogabile dall’autonomia delle parti private, immette all’interno del sistema creditizio un prestito con alte probabilità di inadempienza futura.
Nello specifico, questo sistema causa di certo un pregiudizio sia per il finanziatore, che molto spesso però si salva grazie alla cessione dei crediti , sia al debitore che invece non riesce a ripartire nell’economia reale perché segnalato nelle banche dati, con una conseguente riduzione dei consumi, sia i terzi, che nella fase iniziale del prestito, e considerato il mutato patrimonio, fanno affidamento. Va da sé che l’erogazione di credito fondiario va misurata tenendo conto del valore cauzionale dell’immobile e dell’ipoteca, infatti deve bastare ad assicurare in modo certo e sicuro la restituzione del capitale, degli interessi.
Sovrafinanziare un immobile e concedere un prestito e/o assumere un debito in violazione del limite di finanziabilità della disciplina del credito fondiario è dunque un’operazione bancaria pregiudizievole, perchè il sovrafinaziamento crea solo un apparente ampliamento del patrimonio, producendo, in definitiva esclusivamente sovraindebitamento.
Se le regole sul limite di finanziabilità e sulla specifica disciplina del mutuo fondiario fossero state realmente rispettate non vi sarebbero stati i Crack bancari di vari istituti, che hanno determinato una perdita di valore e fiducia nel sistema, né rovinose esecuzioni immobiliari forzate che hanno reso i mutuatari inadempienti, debitori a vita, generando una pluralità di Non-Performing Loans (NPL), crediti inesigibili e deteriorati, di difficile recuperabilità.
In merito al superamento del limite di finanziabilità nelle operazioni di credito fondiario la giurisprudenza ha sviluppato diversi orientamenti, fra loro anche contrastanti.
Quindi vi sono diversi criteri di valutazione del valore di un bene immobile:
– A. Il «valore commerciale», che sottintende il prezzo a cui si può presumere di vendere l’unità in condizioni normali.
– B. Il «valore cauzionale», che è costituito dal valore commerciale, moltiplicato per vari coefficienti di riduzione, quali il rischio di evizione, il rischio della diserzione delle aste ed i costi delle procedura esecutiva in funzione di un’eventuale vendita forzata dell’immobile («cd. valore di netto realizzo»).
– C. Il «valore venale», che è ricavato utilizzando parametri oggettivi di mercato di riferimento ideale, in virtù di elementi di valutazione oggettivi e stabili, come ad esempio le tabelle redatte semestralmente a cura dell’Agenzia del Territorio, inerenti all’Osservatorio del mercato immobiliare.
L’indice rilevante ai fini della valutazione del rispetto del limite di finanziabilità nelle operazioni fondiarie ex art. 38 T.U.B. deve essere individuato nel valore cauzionale effettivo dell’immobile, inteso, nella prospettiva futura dell’eventuale inadempimento del cliente in caso di mancata restituzione del prestito e della conseguente necessità di realizzo forzoso, come netto realizzo in sede di vendita giudiziale, e non già nel prezzo pattuito tra le parti, secondo il prudente apprezzamento della futura negoziabilità, tenuto conto degli aspetti durevoli a lungo termine e delle condizioni del mercato, dell’uso corrente e dei suoi appropriati usi alternativi, senza riferimento né al valore di mercato in un determinato momento, né a considerazioni speculative. Tale impostazione è confermata dalla Corte di Cassazione 9 maggio 2018 n. 11201 – 11 gennaio 2006, n. 264 – 1 settembre 1995, n. 9219.
- Deve, altresì precisarsi che, l’indice rilevante ai fini della valutazione del rispetto del limite di finanziabilità nelle operazioni fondiarie ex art.38 TULB, deve essere individuato nel valore cauzionale effettivo dell’immobile, inteso, nella prospettiva futura dell’eventuale inadempimento del cliente in caso di mancata restituzione del prestito e della conseguente necessità di realizzo forzoso, come netto realizzo in sede di vendita giudiziale, e non già nel prezzo pattuito tra le parti, secondo il prudente apprezzamento della futura negoziabilità, tenuto conto degli aspetti durevoli a lungo termine e delle condizioni del mercato, dell’uso corrente e dei suoi appropriati usi alternativi, senza riferimento né al valore di mercato in un determinato momento, né a considerazioni speculative. Tale impostazione si radica nella succitata decisione n. 11201/2018 della Corte di Cassazione
- La formula di calcolo per la determinazione del valore cauzionale (c.d. Mortgage Lending Value (MLV) e/o anche definito come cd. netto realizzo in asta, ossia l’importo che si può ragionevolmente ricavare dalla vendita di un bene, entro un intervallo troppo breve perché rispetti i tempi di commercializzazione richiesti dalla definizione del valore di mercato) pertanto è la seguente:
valore commerciale – a) riduzione in base andamento aste immobiliari – b) spese legali standard = valore cauzionale.
Come ormai noto, è il valore cauzionale da tenere in considerazione, attestantesi intorno al 20% in meno rispetto a quello commerciale (cfr. Cass. civ., sez. I, 09 Maggio 2018, n. 11201. Est. Dolmetta).
Ebbene, al fine della verifica del limite di finanziabilità, il valore rilevante per la valutazione della violazione del limite di finanziabilità ex art. 38 TULB deve essere individuato nel valore cauzionale dell’immobile dato in garanzia, inteso nella prospettiva futura dell’eventuale inadempimento del cliente in caso di mancata restituzione del prestito e della conseguente necessità di realizzo forzoso, come netto realizzo in asta giudiziaria e non già nel prezzo pattuito tra le parti, secondo il prudente apprezzamento della futura negoziabilità, tenuto conto degli aspetti durevoli a lungo termine e delle condizioni del mercato, dell’uso corrente e dei suoi appropriati usi alternativi, senza riferimento né al valore di mercato in un determinato momento, né a considerazioni speculative.
Pertanto, i fattori da valutare per la verifica del limite di finanziabilità sono i seguenti:
PRIMO FATTORE: nel mutuo fondiario, a differenza del finanziamento ipotecario semplice, la banca svolge un servizio di consulenza immobiliare in favore del cliente al fine di individuare l’effettivo valore dell’immobile atteso il vincolo di finanziabilità.
SECONDO FATTORE: in caso di superamento del limite il finanziamento è integralmente nullo (Cass. 17352/2017; 6586/2018; 9079/2018; 11201/2018; 11543/2018; 13285/2018; 13286/2018; 22459/2018; 24138/2018; 29745/2018; 17439/2019; 31057/2019; 1193/2020).
TERZO FATTORE: il parametro di riferimento per la verifica della percentuale di concessione tra il valore dell’immobile e l’importo da erogare va commisurata sul valore cauzionale (Cass. 11201/2018; 264/2006; 9219/1995) e non sul valore commerciale.
QUARTO FATTORE: la ratio della disciplina è anche quella di non esporre il mutuatario debitore ai rischi espoliativi (per la residua parte del suo patrimonio) ovvero di pura sorte per cui il limite di finanziabilità risponde, invero, all’esigenza di circoscrivere il rischio insito in operazioni che non presentano ex ante, sufficienti prospettive di effettiva fattibilità e buon esito per cui è relativa ad interessi pubblici, di sistema.
L’attuale più acclarato orientamento della giurisprudenza di legittimità, inaugurato con la sentenza di Cassazione I sezione civile del 13 luglio 2017, n. 17352, secondo cui il superamento del limite di finanziabilità prescritto dal citato disposto normativo e la violazione delle disposizioni regolamentari determina in via diretta la nullità integrale del contratto di mutuo a norma dell’articolo 1424 c.c., e ciò in quanto il limite suddetto si configura quale elemento essenziale del contenuto del contratto, volto a protezione degli interessi pubblici e a sostegno dell’attività di impresa, né è possibile invocare, in dette ipotesi, la nullità parziale del contratto, di cui all’articolo 1419 c.c., alla quale ostano “non solo le difficoltà pratico-giuridiche di conciliare il frazionamento dell’unico contratto stipulato tra le parti col possibile consolidamento dell’ipoteca per la sola parte fondiaria, ma anche e a monte la considerazione che l’art. 38 T.U.B. individua oggettivamente i caratteri costitutivi dell’operazione di credito fondiario nel rispetto del limite evocato dal secondo comma della disposizione. Cosicché è corretta l’inferenza che solo al riscontro dei caratteri indicati nella disposizione consente di associare la qualificazione come fondiaria dell’operazione negoziale: un finanziamento ipotecario non rispettoso dei limiti involti dalla disciplina normativa non soddisfa il requisito della “fondiarietà” stabilito dalla norma imperativa” (la tesi in discorso è stata confermata, a seguire, da Cass. I sez. civ., sent. 31/07/2017 n. 19016; Cass. I sez. civ., ord. 28/05/2018 n. 13286; Cass., I sez. civ., 24/09/2018, n. 22466).
In effetti, la stessa Cassazione ha sempre riconosciuto che del contratto di mutuo fondiario dichiarato nullo per i motivi suddetti al mutuante è data possibilità nella prima difesa utile del procedimento successiva al rilievo della questione di nullità di formulare istanza di conversione dello stesso in mutuo ipotecario ordinario, con salvezza delle condizioni economiche pattuite e mantenimento della garanzia ipotecaria anche qualora la nullità sia rilevata dal giudice d’ufficio. Tale difesa, nella specie, consisterebbe nel primo atto difensivo successivo al deposito del ricorso in opposizione, ossia nella memoria costitutiva depositata dalla Banca nella fase del giudizio oppositivo celebrata dinnanzi al giudice dell’esecuzione.
Tuttavia per l’operatività della conversione sono necessari alcuni requisiti, infatti, a presupposto della disciplina di cui all’art. 1424 c.c. vi è il dato della mancata conoscenza della causa di nullità ad opera delle parti al momento della stipula del contratto, prevedendosi che il contratto nullo può produrre gli effetti di un contratto diverso del quale abbia i requisiti di sostanza e forma qualora, avuto riguardo allo scopo voluto dalle parti, inteso nel senso di complessivo assetto negoziale, risulta che esse avrebbero concluso il diverso contratto se fossero state a conoscenza della causa di nullità.
A fronte della contestazione della nullità contrattuale dei mutui fondiari capita spesso che le banche
usano a loro difesa l’istanza di conversione del mutuo fondiario in un mutuo ordinario.
Il principio giurisprudenziale della nullità del contratto di mutuo concluso in violazione del limite di attualmente appare l’orientamento preferito, nonché è in armonia con l’interpretazione normativa secondo cui in caso di mancato rispetto della disciplina di ordine pubblico il mutuo è illecito e come tale nullo nella sua interezza, e non per la sola eccedenza.
Giurisprudenza recente sulla nullità dei mutui fondiari:
Corte d’Appello Torino, sent. 27/08/2020, n. 872
Questa sentenza della Corte d’Appello di Torino dichiarando la nullità del mutuo fondiario sovrafinanziato si allinea al consolidato orientamento della Corte di Cassazione, per la quale gli intermediari finanziari devono concedere i mutui fondiari in forma corretta e trasparente, rispettando il criterio di proporzionalità tra il valore del bene e la somma erogata.
La Corte d’Appello di Torino, ha infatti nuovamente confermato che la violazione del limite di finanziabilità comporta la nullità assoluta del contratto in quanto incompatibile con la disciplina di ordine pubblico voluta dal legislatore quale limite inderogabile all’autonomia privata in ragione della natura pubblica dell’interesse tutelato, volto alla regolazione del quantum della prestazione creditizia.
Oggetto della sentenza era la contestazione da parte del mutuatario della validità di una particolare tipologia di mutuo fondiario denominato “Mutuo casa 95”, da lui stipulato con la banca, e che si presentava in manifesta violazione del limite di finanziabilità, in quanto volto a finanziare l’acquisto di beni in una misura non inferiore all’80,01% e non superiore al 95% del valore riportato in perizia, pertanto la parte attorea deduceva che la violazione comportava la nullità integrale del finanziamento.
Il giudice di secondo grado accoglie l’istanza del mutuatario assumendo che la deroga all’art. 38 T.U.B. posta dalle condizioni generali allegate al rogito del contratto di mutuo fondiario è incompatibile con la disciplina di ordine pubblico quale limite inderogabile all’autonomia privata, vietando inoltre la possibilità da parte del mutuante di opporre la conversione del mutuo in ipotecario comune ex art. 1424 c.c., per mancata formulazione da parte della essa di espressa e tempestiva istanza di conversione. La Corte conclude infine condannando la banca alla restituzione delle somme versate in eccesso al capitale erogato.
Tribunale Pistoia, sent. 14/01/2020, n. 25
Sempre seguendo l’orientamento consolidato dl giudice di legittimità, il giudice di primo grado in un giudizio per una procedura esecutiva immobiliare avente ad oggetto un mutuo fondiario non pagato, ha accolto l’opposizione fatta dai debitori esecutati, dichiarando insussistenti le pretese esecutive della banca, per l’inefficacia del mutuo ad essere titolo esecutivo, in quanto superava il limite di finanziabilità per i mutui fondiari dell’erogazione del credito dell’80%.
Inoltre è stato anche evidenziato, a differenza di quanto sostenuto dalla banca, che il rilascio di fideiussioni prestate da persone fisiche o da s.r.l. a garanzia del mutuo non sono comprese tra le tipologie di garanzia integrativa indicate dalla delibera CICR legittimanti il superamento della soglia di finanziabilità al 100% del valore del bene ipotecato ma non oltre, come per contro accaduto nella specie.
Infine per quanto riguarda la richiesta di conversione del mutuo nullo ex art. 1424 c.c. avanzata dall’istituto di credito, questa non è stata possibile in quanto non ricorrevano nella specie i requisiti per l’operatività della conversione, come correttamente eccepito dai debitori esecutati.
Siffatte considerazioni determinano pertanto l’insuperabilità della sanzione di nullità da cui deve essere colpito il contratto di mutuo fondiario azionato in via esecutiva, stante da un lato l’invalidità integrale dello stesso per violazione della disciplina imperativa e, dall’altro lato, l’impossibilità di conversione del contratto nullo per mancanza dei presupposti di operatività della disciplina di cui all’art. 1424 c.c..
Tribunale Busto Arsizio, II sez. civ., sent. 27 gennaio 2021
Questo tribunale ha anch’esso ribadito che il mutuo fondiario irrispettoso del limite di finanziabilità è nullo in quanto la disciplina bancaria è una norma di ordine pubblico, intesa ad impedire che le banche concedano crediti per un valore cauzionale superiore a quello degli immobili costituiti in garanzia.
La vicenda nasce dalla concessione di un finanziamento fondiario ad un impresa per la costruzione di un complesso immobiliare, la stessa impresa successivamente si era resa inadempiente nel pagamento delle rate e la banca aveva proposto esecuzione immobiliare, chiedendo la vendita dei beni ipotecati.
Il costruttore si era opposto all’esecuzione forzata sostenendo che banca era stata scorretta nella erogazione del finanziamento, in quanto lo aveva concesso in manifesta violazione dell’arr. 38 T.U.B. che impone alle banche di erogare finanziamenti su immobili capienti almeno nella misura dell’80% e non oltre.
Il giudice ha accolto l’opposizione all’esecuzione, dichiarando che il creditore non aveva diritto a procedere alla vendita degli immobili ipotecati in quanto il contratto era nullo per violazione di una norma imperativa.
In particolare il Tribunale ha ben precisato che l’interesse pubblico tutelato è di salvaguardia della stabilità del mercato per evitare di esporre il sistema ad una serie di devastanti conseguenze riconducibili alla crisi degli operatori creditizi, che molto spesso sopravvalutano gli immobili.
La Cassazione (9 maggio 2018, n. 11201) ha ritenuto «Ai fini dell’apprezzamento circa il rispetto del limite di finanziabilità prescritto per il mutuo fondiario dalla normativa legale e regolamentare, il giudice deve tenere in considerazione il cd. valore cauzionale del bene ipotecato, vale a dire la concreta e attuale prospettiva di negoziabilità dell’immobile, del tutto svincolata da considerazioni di carattere speculativo, sì che, se non è possibile far riferimento a un valore di liquidazione, tra le diverse stime possibili deve privilegiarsi quella di tipo prudenziale». Precedenti decisioni: Cass. 11 gennaio 2006 n. 264 – Cass. 1 settembre 1995, n. 9219.
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