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LA COERENZA DEL “TAEG” E DEI SUOI ORIENTAMENTI – DIFFERENZA ONTOLOGICA TRA TAN E TAEG

fabio nobili

Il dipartimento di diritto bancario dello Studio Legale Mandico&Partners, su impulso dei colleghi Monica Mandico e Fabio Nobili, segnala un recente orientamento giurisprudenziale della Corte di Appello di Milano che sembrerebbe andare in contrasto con la direzione maggioritaria che ritiene il TAEG non un tasso ma bensì un indicatore del costo complessivo del finanziamento e come tale non suscettibile dell’applicazione dell’art.117 TUB.

Ma andiamo con ordine.

La sentenza che segue è stata emessa dalla Corte d’Appello di Milano, in un giudizio nel quale un intermediario finanziario, avendo omesso di indicare nei propri contratti di finanziamento il TAN, sosteneva la tesi che bastasse la sola indicazione del TAEG.

D’altronde, è la prima volta che una parte mutuante/intermediario bancario, al fine di giustificare la mancata indicazione del tasso corrispettivo di un finanziamento, faccia proprie le tesi classiche proprio dei mutuatari secondo cui si afferma che il TAEG sia un tasso è non un indicatore complessivo del costo dell’operazione finanziaria. Tale tesi viene, infatti, costantemente contrastata dal ceto bancario, proprio perché utilizzata dai mutuatari per eccepire che la errata indicazione del TAEG determini una violazione della normativa sulla trasparenza bancaria, con la conseguente nullità della clausola disciplinante i tassi.
Pertanto, appare davvero singolare che tale tesi sia stata sostenuta da un intermediario solo quando doveva giustificare una grave mancanza dei requisiti indispensabili del contratto, come la semplice indicazione di un tasso corrispettivo sulla base del quale sviluppare il piano di ammortamento.

La tesi accolta, infatti, afferma il principio che il TAEG costituisce l’unico vero tasso che consente al cliente di conoscere in anticipo quanto gli verrà complessivamente a costare il finanziamento richiesto ma sopratutto “ricomprende” il TAN.

Tale principio, per tutti coloro che si trovino a difendere un mutuatario, sarebbe una “manna dal cielo”, peccato che proprio nel caso di specie sia stato utilizzato da un intermediario.

Con la sentenza emessa il 17.07.2019, la Ecc.ma Corte di Milano, chiamata a decidere sulla medesima questione della rilevanza del TAEG, ha così statuito: « …Il TAEG è definito dall’art. 19 Legge n. 142/1992, come il “costo totale del credito per il consumatore, espresso in percentuale annua del credito concesso e comprensivo degli interessi e degli oneri da sostenere per utilizzarlo, calcolato conformemente alla formula matematica che figura nell’allegato II alla direttiva del Consiglio 90/88/CEE”…Il TAEG (e, analogamente, l’I.S.C.) consente di determinare il costo effettivo del finanziamento, in quanto nel calcolo del TAEG si tiene conto di tutti gli oneri e le spese necessarie per ottenere il finanziamento; pertanto il TAEG comprende il rimborso del capitale, l’ammontare degli interessi, le spese di istruttoria e di incasso, le spese per assicurazioni o garanzie imposte dal creditore ed eventuali altre spese contrattuali, previste dalla normativa di riferimento. Ciò significa che attraverso l’indicazione del TAEG il mutuatario è in grado di comprendere l’ammontare complessivo dell’onere impostogli, di verificare l’effettiva onerosità del prestito e valutare il livello di convenienza dei vari prestiti presenti sul mercato, in quanto la formula di calcolo del TAEG è la medesima per tutti i tipi di finanziamento. Il TAN, invece, rappresenta il tasso di interesse nominale, che viene utilizzato per calcolare la quota di interessi dovuta per ciascuna rata del prestito. ad esaminare le conseguenze derivanti dalla mancata indicazione del TAN, si osserva quanto segue. L’art. 117 T.U.B., inserito nel titolo relativo alla “Trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti con i clienti” prevede che i contratti bancari debbano indicare “il tasso di interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di mora”. Come ha già osservato questa Corte con la pronuncia n. 3390/2018, resa in un’analoga fattispecie, l’espressione “tasso di interesse” non implica il riferimento al Tasso Annuo Nominale, né al Tasso Annuo Effettivo Globale, inteso quale sinonimo di Indicatore Sintetico di Costo. Pertanto, per comprendere il significato che assume il termine “tasso di interesse” ai fini del rispetto della normativa di riferimento, occorre “esaminare quale sia l’espressione numerica che soddisfa il diritto alla trasparenza e all’informazione, tutelato dalla norma” (così testualmente la citata sentenza della Corte d’Appello di Milano n. 3390/2018). Orbene, come si evince dalla collocazione della norma nel titolo relativo alla trasparenza delle condizioni contrattuali, l’art. 117 T.U.B. è diretto a garantire al cliente il diritto alla trasparenza e all’informazione; pertanto deve ritenersi che soltanto il TAEG costituisca un elemento essenziale del contratto di finanziamento, in quanto attraverso la conoscenza del TAEG il mutuatario può valutare l’effettivo costo del finanziamento; conseguentemente soltanto la conoscenza e l’indicazione del TAEG è idonea a garantire il rispetto dell’obbligo di informazione e trasparenza, che rappresenta la ratio dell’art. 117 T.U.B. . Viceversa, il TAN non è un valore numerico che consente al cliente di soddisfare il proprio diritto alla trasparenza, in quanto attraverso la conoscenza del TAN il mutuatario non può rendersi conto del costo effettivo del finanziamento. Pertanto, come è stato già osservato da questa Corte nella citata pronuncia n. 3390/18, “la mera mancanza dell’indicatore TAN non può comportare gli effetti sanzionatori previsti dall’art. 117 T.U.B.. Nel caso oggetto del contendere, l’esplicitazione del TAN avrebbe probabilmente fornito un dato aritmetico in più, ma non avrebbe concretamente aggiunto elementi importanti al quadro informativo del cliente, né sarebbe stato decisivo in termini di scelta fra più opzioni finanziarie, per la quale, come sopra esposto, lo strumento appropriato si rivela il TAEG”.  In applicazione del ragionamento sin qui esposto, il costante orientamento giurisprudenziale, che questa Corte non ha motivo di disattendere, sanziona la mancata, o non puntuale, indicazione del TAEG/ISC con l’indeterminatezza del contenuto contrattuale essenziale e, quindi, la nullità della clausola in questione, con conseguente sostituzione del tasso contrattuale con quello imposto ex art. 117 TUB (così Trib. Sondrio 30.05.2016 n. 249; Trib. Cagliari 29.03.2016; Trib. Teramo 28.04.2016 n. 561; Trib. Napoli 25.05.2015 n. 7779; in ultimo, anche Trib. Milano, sezione VI civile, 08.01.2018 n. 51, secondo cui: “i finanziamenti hanno previsto espressamente l’ISC, indicante il costo complessivo delle due operazioni: questo giudice ritiene che ciò sia sufficiente per garantire la trasparenza e la concreta informativa in favore della parte finanziata e per evitare la scure dell’art. 117 TUB”). Mentre non risultano analoghe prese di posizione riguardo all’omissione del TAN, una volta espressa l’indicazione dell’ammontare della singola rata. (ex multis sentenza n. 3390 emessa il 13.07.2018 dalla stessa Corte d’Appello di Milano) 

Ad oggi, infatti, la Giurisprudenza chiamata a pronunciarsi nel merito della questione, ha in larga parte negato, se non nei casi relativi al credito dei consumatori, che l’errata indicazione del TAEG desse luogo al ricalcolo ex art.117 TUB.

Pertanto, appare davvero singolare che proprio quando sia un Istituto di credito ad omettere il TAN indicando solamente il TAEG, tale indicazione sia ritenuta sufficiente ed addirittura elemento essenziale del finanziamento.

D’altronde, un coerente punto di vista dovrebbe considerare sempre e comunque il TAEG un tasso complessivo del finanziamento e come tale la sua difformità essere sanzionabile ai sensi dell’art.117 TUB. Tuttavia arrivare all’assunto che il TAN possa essere omesso e sostituito dall’altro indicatore risulta davvero poco sostenibile sia dal punto di vista matematico che giuridico.

A confermare la tesi su espressa, in contrasto con l’orientamento precedente è intervenuta una sentenza del 28.01.2020 R.g.n.1553/2019 della Corte di Appello di Torino.
La predetta Corte, infatti, afferma che l’ISC/TAEG non costituisce un tasso né una condizione contrattuale bensì un mero elemento informativo che la banca fornisce al cliente onde rappresentargli gli effettivi costi del credito; che, conseguentemente, l’indicazione di un ISC non corrispondente a quello reale potrebbe costituire pubblicità ingannevole.

Ad ogni modo, ammettere di poter desumere attraverso un operazione matematica l’effetivo tasso corrispettivo applicato al contratto, e mai indicato, vorrebbe dire, non solo dare un onere alla parte debole del contratto di avere cognizioni e preparazioni tali da comprendere dati complessi di matematica finanziaria, ma soprattutto non conoscere la ontologica differenza tra il T.A.N. ed il T.A.E.G.

D’altronde, tenuto conto di quanto sopra, è facile capire che indicare il TAEG/ISC è diverso che indicare il T.A.N., ed inoltre è facile comprendere come sia indispensabile, anche ai fini della chiarezza informativa contrattuale, indicare entrambe le grandezze, avendo le stesse funzioni informative diverse.

Ci si augura che tale “nuovo” orientamento della Corte di Appello di Milano non venga disatteso proprio quando ad “usufruirne” vorrà essere un mutuatario.

Vi terremo aggiornati.

 

Corte Appello Milano 16.7.2019