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I dannati del Jobs Act: quando una legge non funziona

La Corte Costituzionale, con la sentenza, sentenza 08/11/2018 n° 194, dichiarò illegittimo l’articolo 3, comma 1, del decreto legislativo n. 23/2015 (c.d. Jobs Act) contenente la riforma del mercato del lavoro che ha introdotto il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti.

Nella sentenza emanata dai giudici costituzionali, la previsione di un’indennità crescente in ragione della sola anzianità di servizio del prestatore di lavoro, collide coi principi di ragionevolezza e di uguaglianza, contrastando quindi col diritto e la tutela del lavoro impressi agli articoli 4 e 35 della Costituzione.

Il comma dichiarato incostituzionale stabilisce che: “Il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a due mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a quattro e non superiore a ventiquattro mensilità”.

Un articolo che il Decreto Dignità non ha modificato, lasciando inalterata parte della norma che prevede una determinazione dell’importo dell’indennità spettante al lavoratore ingiustificatamente licenziato, calcolata in modo proporzionale all’anzianità di servizio del lavoratore.

Il Jobs Act prevede al momento un risarcimento pari a due mesi di stipendio per ogni anno di anzianità di servizio, con un limite minimo di quattro mesi di stipendio ed un massimo di ventiquattro mesi.

Il Decreto Dignità ha ritoccato questi limiti, portandoli rispettivamente a 6 e 36 mesi, ma non ha modificato il meccanismo di determinazione, lasciandolo legato all’anzianità di servizio.

In questi giorni, il giudice Luigi Pazienza si è espresso nella causa tra la Consulmarketing e una ex dipendente lasciata a casa

Secondo l’ordinanza, il decreto del 2015, non realizza “alcun equo contemperamento tra diritto al lavoro e interesse dell’impresa, o tra la tutela del posto di lavoro e l’interesse all’occupazione”

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Sentenza Corte Costituzionale 194/2018