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Decadenza del fideiussore ex art. 1957 c.c. e surrogazione Medio Credito Centrale: due orientamenti convergenti nei Tribunali di Firenze e Trento

L’articolo analizza due recenti pronunce – Tribunale di Firenze (14 giugno 2025) e Tribunale di Trento (18 giugno 2025, n. 491) – che affrontano la decadenza del fideiussore ai sensi dell’art. 1957 c.c. e la sua opponibilità anche in caso di surrogazione del credito da parte di un ente pubblico. Entrambe le decisioni dichiarano la nullità delle clausole derogatorie all’art. 1957 c.c., rispettivamente per violazione della disciplina consumeristica e per utilizzo uniforme dello schema ABI oggetto di censura antitrust. Viene riaffermata l’ineludibilità del termine semestrale per l’attivazione giudiziale del creditore, quale limite essenziale alla responsabilità del garante. L’articolo evidenzia come si stia consolidando un orientamento giurisprudenziale volto a rafforzare la tutela sostanziale del fideiussore – sia consumatore che non – contro pratiche contrattuali standardizzate e azioni esecutive fondate su obbligazioni estinte per legge.

Introduzione

La garanzia fideiussoria rappresenta da sempre una forma di responsabilità sussidiaria e accessoria di rilievo strategico nei rapporti di credito, specialmente bancari. La sua funzione è quella di rafforzare la posizione del creditore, fornendogli un ulteriore soggetto su cui rivalersi in caso di inadempimento del debitore principale. Tuttavia, tale funzione non può espandersi in modo illimitato, pena la compressione irragionevole delle garanzie poste a tutela del garante, in particolare quando quest’ultimo agisce al di fuori di un’attività imprenditoriale o professionale.

Tra le disposizioni centrali del sistema di garanzia personale figura l’art. 1957 c.c., che prevede una causa di decadenza automatica del creditore dalla garanzia se, entro sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale, egli non ha promosso le sue istanze giudiziali contro il debitore e non le ha diligentemente coltivate. La disposizione si giustifica nella prospettiva di evitare che il fideiussore resti esposto sine die a un rischio patrimoniale che, per natura, dovrebbe essere contenuto nel tempo e subordinato all’iniziativa tempestiva del creditore.

Tuttavia, nella prassi contrattuale bancaria, questa norma è spesso oggetto di deroghe esplicite tramite clausole che, in molti casi, si trovano inserite in condizioni generali di contratto, senza trattativa individuale né reale consapevolezza da parte del garante. Il tema diventa ancor più complesso quando entra in gioco la surrogazione del credito, come nel caso in cui un ente pubblico si sostituisce alla banca erogatrice nella riscossione delle somme dovute, come accade, ad esempio, per effetto dell’intervento del Fondo di Garanzia per le PMI.

Negli ultimi anni, la giurisprudenza ha intensificato il vaglio di legittimità delle fideiussioni bancarie, soprattutto con riferimento ai profili della vessatorietà delle clausole derogatorie (quando il garante è un consumatore) e della validità delle condizioni standard basate su schemi contrattuali predisposti dall’ABI, più volte censurati sotto il profilo della concorrenza (cfr. provv. Banca d’Italia n. 55/2005 e successive pronunce della Cassazione).

In questo contesto si collocano due recenti pronunce che affrontano, da prospettive diverse ma convergenti, la portata applicativa dell’art. 1957 c.c. in materia fideiussoria: la sentenza del Tribunale di Firenze del 14 giugno 2025, che ha ritenuto nulla la deroga all’art. 1957 c.c. per contrasto con gli artt. 33 e 36 del Codice del Consumo; e la sentenza del Tribunale di Trento del 18 giugno 2025,, che ha riconosciuto la nullità parziale della fideiussione in ragione della presenza di clausole tratte dallo schema ABI e ha ribadito che, ai fini dell’interruzione del termine decadenziale, è sufficiente solo un’istanza giudiziale.

Le due decisioni, pur riferendosi a posizioni soggettive diverse (fideiussore consumatore nel primo caso, non consumatore nel secondo), pervengono entrambe all’invalidazione della cartella esattoriale emessa dall’ente surrogato. Esse offrono dunque un terreno comune per riflettere sul principio secondo cui l’efficacia della garanzia personale non può sopravvivere all’inerzia del creditore, né fondarsi su clausole contrattuali nulle o abusive.

Il presente contributo si propone di analizzare in chiave sistematica le due sentenze, evidenziando come la giurisprudenza stia rafforzando il controllo giudiziale sulle fideiussioni bancarie, a tutela della correttezza contrattuale e del giusto bilanciamento tra interessi in gioco.

 

  1. La sentenza del Tribunale di Firenze: la tutela del fideiussore-consumatore

Nel giudizio definito con sentenza del 14 giugno 2025, il Tribunale di Firenze ha accolto l’opposizione del fideiussore contro una cartella esattoriale emessa da un ente creditizio pubblico (in surroga alla banca originaria), dichiarando l’inesistenza del diritto del surrogato ad agire esecutivamente. Al centro della pronuncia vi sono due questioni fondamentali: la vessatorietà della clausola derogatoria all’art. 1957 c.c. e la qualifica di consumatore del fideiussore.

2.1. Vessatorietà e nullità della clausola derogatoria

La fideiussione prevedeva una clausola che eliminava la decadenza prevista dall’art. 1957 c.c., consentendo al creditore di agire contro il garante anche dopo lunghi periodi di inattività. Il Tribunale ha considerato tale pattuizione vessatoria ai sensi dell’art. 33, comma 2, lett. t) del Codice del Consumo, per il significativo squilibrio generato a danno del fideiussore.

La nullità della clausola è stata riconosciuta ai sensi dell’art. 36 del Codice del Consumo, in assenza di trattativa individuale, che avrebbe dovuto essere provata dal professionista. La mera approvazione scritta ex art. 1341 c.c. non è stata ritenuta sufficiente.

2.2. Qualifica di consumatore e decadenza

Il fideiussore aveva sottoscritto la garanzia a beneficio di una società (una s.r.l.) amministrata e posseduta al 100% dal fratello. Il giudice ha ritenuto irrilevante la connessione familiare con il debitore principale, qualificando il garante come consumatore, in quanto l’obbligazione era stata assunta al di fuori di una finalità imprenditoriale o professionale.

Di conseguenza, la clausola vessatoria è stata disapplicata, ed è tornato operativo il termine semestrale di decadenza ex art. 1957 c.c., che il creditore non aveva rispettato. Non essendo state proposte istanze giudiziali entro sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale (individuata nella revoca del fido), il fideiussore è stato liberato.

Infine, il Tribunale ha affermato che la surrogazione legale ex art. 1203 c.c. comporta la trasmissione delle eccezioni, inclusa quella di decadenza, che il fideiussore avrebbe potuto opporre alla banca originaria. Ne è seguita la dichiarazione di nullità della cartella e l’inesistenza del diritto esecutivo del surrogato.

  1. La sentenza del Tribunale di Trento: fideiussione non consumeristica e nullità parziale da intesa ABI

Con sentenza n. 491/2025 del 18 giugno, il Tribunale di Trento ha affrontato un caso affine, giungendo a conclusioni analoghe, pur in un contesto differente. Il fideiussore, qui non qualificabile come consumatore, aveva garantito un finanziamento con una fideiussione specifica su modello ABI. L’ente pubblico (MCC), surrogatosi alla banca finanziatrice, aveva iscritto a ruolo il credito e notificato una cartella esattoriale.

3.1. Prova dell’uso uniforme dello schema ABI

Il fideiussore ha depositato in giudizio numerose fideiussioni identiche, stipulate nello stesso periodo e con identica struttura contrattuale. Il giudice ha ritenuto provato l’uso uniforme dello schema ABI, confermando l’esistenza di un’applicazione sistematica delle clausole vietate, in linea con la giurisprudenza antitrust (Cass. 41994/2021).

3.2. Nullità della clausola n. 6 e decadenza

È stata dichiarata la nullità della clausola n. 6 della fideiussione, che derogava all’art. 1957 c.c. stabilendo la persistenza illimitata della garanzia. In assenza di tale clausola, è tornata applicabile la regola codicistica. Il Tribunale ha precisato che, per evitare la decadenza, non è sufficiente una richiesta stragiudiziale, ma occorre una vera e propria azione giudiziaria contro il debitore, promossa entro sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione.

Non avendo il creditore promosso alcuna istanza nei termini, il garante è stato liberato dalla propria obbligazione.

3.3. Effetti economici e condanne accessorie

Oltre alla dichiarazione di nullità della cartella, il giudice ha disposto:

  • la condanna dell’ente surrogato (MCC) al pagamento delle spese legali del fideiussore;
  • la condanna della banca originaria (Banco di Sardegna) a rimborsare all’ente surrogato l’importo incassato, nonché a rifondere le spese legali sostenute in giudizio.
  1. Conclusioni: una giurisprudenza che rafforza il controllo sulla garanzia personale

Le due sentenze analizzate – Firenze (14.6.2025) e Trento (18.6.2025) – pur muovendo da contesti diversi, pervengono entrambe a un punto fermo: la garanzia fideiussoria non sopravvive alla passività del creditore. La decadenza di cui all’art. 1957 c.c. è una norma inderogabile nei confronti del consumatore e invalida se elusa mediante schemi anticoncorrenziali nei rapporti professionali.

Inoltre, la giurisprudenza riafferma:

  • il ruolo centrale della prova: il creditore deve dimostrare di aver agito tempestivamente;
  • l’inefficacia delle clausole standardizzate ABI, quando applicate in modo uniforme e senza negoziazione;
  • la tutela anche economica del fideiussore, che può ottenere la restituzione di quanto versato e la condanna alle spese da parte del creditore surrogato e della banca originaria.

La figura del fideiussore torna dunque al centro della protezione giuridica, contro prassi contrattuali opache e automatismi esecutivi fondati su garanzie già scadute.

Avv. Monica Mandico / Avv Pasquale Capaldo