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CoVid19 e responsabilità penale dei datori di lavoro: oltre 43.000 denunce all’INAIL

Sono oltre 43.000 le denunce pervenute all’Inail per infortuni, dovuti alla diffusione del CoVid19 sui luoghi di lavoro.

Adesso che le attività stanno ripartendo, si sente sempre più forte la necessità di definire ed inquadrare le reali  responsabilità penali del datore di lavoro e dell’impresa nel periodo pre e post pandemia.

La normativa esistente offre già i termini per cercare di chiarire la questione.

La prima distinzione da fare è tra misure di contenimento del contagio disciplinate, per il periodo 18 maggio-31 luglio 2020, dal Dl 19/20 e 33/20 e ora, sino al 14 giugno 2020, del Dpcm del 17 maggio, dalle regole le in materia igiene e sicurezza dei luoghi di lavoro (Dlgs 81/08) per le quali, in caso di violazione, si applicano le sanzioni amministrative dell’articolo 4 Dl 19/20 (ora richiamate dall’articolo 2 DL 33/20) secondo il procedimento della legge 689/81 (salvo le violazioni di quarantena) e quelle contravvenzionali del Dlgs 81/08 sottoposte al regime di prescrizione obbligatoria dell’articolo 301 dagli organi di vigilanza.

Nel solco di questa distinzione, i protocolli di sicurezza sottoscritti tra Governo e parti sociali, inseriscono nella normativa, il contenimento del contagio il cui mancato rispetto determina la sospensione delle attività (articolo 1, comma 15, Dl 33/20).

Analizzando le linee guida precauzionali,  che sono differenti dalle norme tecniche e di buona prassi,  alcune prescrizioni interferiscono con obblighi imposti dal Dlgs 81/08 quali:

  • informazione (articolo 36 Dlgs 81/08);
  • pulizia e sanificazione (articolo 64, comma 1, lettera d) e allegato IV, punto 1.1.6);
  • sorveglianza sanitaria (articolo 18, lettera a) Dlgs 81/08 ora richiamato nell’articolo 83 Dl 34/20)
  • precauzioni igieniche personali (articolo 18, comma 1, lettera f)
  • dispositivi di protezione individuale (articolo 18, comma 1, lettera d) e 74-79).

In tal caso, il mancato rispetto di queste indicazioni, potrà portare ad una contestazione  contravvenzionale con prescrizione dell’articolo 301 Dlgs 81/08, stante la clausola di riserva che caratterizza l’illecito amministrativo (salvo che il fatto costituisca reato diverso da l 650 del Codice penale).

Ma in relazione agli infortuni o alle malattie professionali da Covid, è impossibile dubitare della configurabilità di una responsabilità penale del datore di lavoro (articolo 589 e 590 del Codice penale) ed eventualmente, nei casi di morte o lesioni gravi o gravissime, di quella amministrativa dell’ente (articolo 25-septies Dlgs 231/01), in rapporto all’omessa valutazione o prevenzione del rischio generico biologico, come desumibile dalla normativa di settore.

Infatti, in questa condizione, non ha rilievo l’articolo 42 Dl 18/2020 convertito con L. 27/2020 che, come chiarito dalla nota Inail del 15 maggio scorso e nella successiva circolare n. 22 del 20 maggio, definisce:

  • infortunio il contagio del virus “in occasione di lavoro” solo ai fini dell’erogazione di un indennizzo svincolato dalla responsabilità penale del datore di lavoro rispetto alla quale, il vero problema resta quello dei presupposti e, soprattutto, dei limiti.

Alcune prescrizioni dei Protocolli stabiliscono possibilità e non obblighi (ad esempio sulla rilevazione della temperatura corporea ) ovvero incentivi ( smart working) ovvero hanno contenuto elastico rimettendo persino al destinatario l’individuazione della misura.

Su tutto ciò vi è anche l’ombra dell’articolo 2087 del codice civile (mancata attuazione di ulteriori e più incisive misure connesse alle peculiarità dell’organizzazione).

Si attende quindi che il principio secondo cui proprio i protocolli di sicurezza, unitamente alle corrispondenti prescrizioni del dlgs. 81/2008, soddisfano le prescrizioni relative alla prevenzione del  rischio di infortunio da Covid.

Lo svolgimento delle attività economiche, produttive e sociali, nel rispetto del principio precauzionale e di prevenzione, trova oggi riscontro nel nuovo art. 29-bis del decreto liquidità (DL 23/2020) secondo cui:

  • “ai fini della tutela contro il rischio di contagio da Covid-19, i datori di lavoro pubblici e privati adempiono all’obbligo dell’articolo 2087 del codice civile mediante l’applicazione delle prescrizioni contenute nei protocolli nonché mediante l’adozione e il mantenimento delle misure ivi previste”

rafforzato dagli art. 1, comma 14 DL 33/2020 e 2 Dpcm 17 maggio 2020.

A queste condizioni, solo al datore di lavoro, inosservante agli obblighi di prudenza, perizia o diligenza, potrà essere mossa un’azione di colpa.

Lo stesso, del resto, già da tempo avviene in ambito antinfortunistico, imponendo al datore di lavoro con riguardo al corretto espletamento, da parte del delegato delle funzioni, la possibilità di essere assolto solo in caso di adozione del modello di verifica e controllo.