CONOSCERE LA PRIVACY: SENZA ACCORDO SINDACALE NON PUÒ ESSERCI VIDEOSORVEGLIANZA
Avevo già parlato dei poteri del datore di lavoro in merito al controllo dell’esatta esecuzione della prestazione lavorativa dovutagli, verificando se il dipendente usi diligenza e osservi le disposizioni impartitegli.
Ho anche evidenziato che tale tipo di controllo, ormai attuato dal datore di lavoro attraverso le nuove tecnologie, tocchi senza alcun dubbio, ed in maniera sempre più pressante, aspetti che attengono alla vita privata del lavoratore.
Lo strumento tecnologico risulta infatti, contemporaneamente, mezzo per svolgere la prestazione lavorativa e mezzo di controllo nelle mani del datore di lavoro.
Proprio in funzione di quanto su detto, si evidenzia come la possibilità di raccogliere dati sui suoi dipendenti, permetta al datore di lavoro di ricostruire un profilo preciso del lavoratore, potendo conoscerne le abitudini, opinioni e orientamenti.
Bisogna comunque considerare, che la disciplina dello statuto dei lavoratori, al secondo comma, prevedeva la concessione e l’installazione di strumenti di sorveglianza, dettata da “esigenze organizzative e produttive, ovvero dalla sicurezza del lavoro.”
La possibilità di tale applicazione, poteva avvenire però solo li dove, vi sia un accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, escludendo che le risultanze della sorveglianza possano essere utilizzate a fini disciplinari.
Infatti, la Suprema Corte, già era intervienuta con la sentenza n. 4746/2002, cui seguirono numerose altre conformi, ritenendo estranei al divieto “i controlli atti ad accertare condotte illecite del lavoratore”.
Successivamente, con la sent. N. 16622/2012, la Corte dichiarò inutilizzabili i dati estrapolati al fine di provare l’inadempimento contrattuale del dipendente, contrapponendo al diritto di controllo il diritto alla riservatezza del lavoratore.
Non si può fare a meno quindi di considerare due aspetti inerenti alla disciplina del controllo a distanza e alla sua modifica:
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