Conoscere la privacy: se l’APP ti tradisce – selfie e messaggi pericolosi
Con l’ordinanza n. 9384 del 16 aprile 2018, la Corte di Cassazione ha confermato il principio correttamente statuito dalla Corte di Appello di Bologna, nel 2014, secondo cui viola il dovere di fedeltà, ex art. 143 c.c., il coniuge che ricerca on line altri partner.
Il principio era già stato enunciato nella sentenza n. 9472/1999.
L’elemento innovativo è rappresentato dalla “ricerca” che è stata ritenuta una «circostanza oggettivamente idonea a compromettere la fiducia tra i coniugi», tale da provocare l’insorgere della crisi matrimoniale.
Vi è quindi l’equiparazione del classico tradimento fisico con quello virtuale, fatto di aspettative, non di fatti concreti.
Ma i problemi dell’applicazione di tale massima sono notevoli.
Già dal punto di vista culturale, il “tradimento”, che possiamo dire indotto dai social, ha raggiunto ormai dimensioni assolutamente imprevedibili.
Oggi, chi tesse relazioni virtuali (anche spinte), non considera ciò un vero e proprio tradimento, vivendo la relazione on line come una piccola evasione o solo un modo per “raccontarsi” a qualcuno, nuovo.
Sul piano più strettamente giuridico, se il tradimento virtuale può essere equiparato a quello fisico, ci si chiede fino a che punto esso debba spingersi per divenire giuridicamente rilevante.
Prendendo in esempio la rigorosa giurisprudenza dei tribunali ecclesiastici, dovesi distingue tra il “tradimento occasionale” (non meritevole di nullità del matrimonio sacramento) e la “invalidante relazione stabile”.
Non può essere assunta a causa della rottura coniugale, anche la “reale” scappatella, non ritenuta, anche dai tribunali civili, sufficiente a configurare l’addebito della separazione; mentre, per gli stessi tribunali, sembra oggi bastare la scappatella “virtuale”.
Si evidenzia quindi una pericolosa asimmetria giurisprudenziale, dove viene punita più severamente il tradimento virtuale rispetto a quello fisico, con ricadute per la configurazione del risarcimento del danno ex art. 2043 c.c.
Ma quali sono i i parametri “virtuali” da esibire al giudice come prova da parte del soggetto tradito e in che modo quantificare la perdita della reputazione?
Continua a leggere su: GLI STATI GENERALI