Anticipiamo una probabile norma inserita nel decreto “sicurezza”.

Chi risiede in Italia da oltre 60 giorni dovrà avere targa nazionale, tranne alcuni casi

Auto con targa estera: per alcuni furbetti in Italia è sinonimo di evasione fiscale, quindi niente bollo auto, “né assicurazione e di fatto anche eventuali multe”. Con il decreto Sicurezza in discussione in Parlamento arriva una norma che vieta a chi risiede in Italia, da oltre 60 giorni, di circolare sul territorio nazionale con veicoli a targa estera. Ci saranno solo “alcune deroghe”, ha detto il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Danilo Toninelli, “una misura, che tenta anche di porre un freno a una pratica scorretta purtroppo molto diffusa che danneggia tutti noi, togliendo al fisco soldi dovuti, e fa male anche a tante aziende italiane che lavorano correttamente”. Ecco come funziona oggi e cosa cambierà.

Diritto dei trasporti di merci pericolose ADR

Come funziona oggi la targa straniera in Italia

Il Codice della Strada (articolo 132) stabilisce che le auto, le moto e i rimorchi con targa estera, che abbiano già adempiuto alle formalità doganali, possano circolare in Italia per un massimo di un anno. Dopo scatta l’obbligo della targa italiana, altrimenti c’è la multa.

Si va da un minimo di 84 euro a un massimo di 335 euro. Ecco perché i “furbetti” ad oggi preferiscono rischiare piuttosto che mettere in regola la vettura e pagare molto di più, tra tasse e assicurazione.

La nuova norma introdotta dal decreto Sicurezza farà “pagare una multa salata”, ma Toninelli, nel comunicato stampa ufficiale, non specifica altro se non il fatto che se gli automobilisti “non si metteranno in regola, si potrà arrivare sino alla confisca del veicolo”. L’obiettivo è frenare il fenomeno della cosiddetta esterovestizione, facendo sì che chi risiede nel nostro Paese non possa più eludere tasse e controlli.

Purtroppo, aspettando la definizione della nuova norma, resta una lacuna giuridica la possibilità di verificare il tempo di circolazione sul territorio nazionale, sia 2 mesi od un anno, perché al momento l’articolo citato, non fa riferimento alla residenza del proprietario.

Per questo, in presenza di un conducente non proprietario, è necessaria una certificazione, oppure, qualsiasi documento che attesti l’uso o il possesso da parte di questi da più di 1 anno, altrimenti si può sempre eccepire che il veicolo, in questo periodo (1 anno) è rientrato nel Paese di immatricolazione una o più volte e poi, successivamente, è stato riportato in Italia, interrompendo in qualche modo il periodo fissato dall’articolo 132 del C.d.S.

A parere di chi scrive, a nulla serve che il conducente non proprietario sia residente in Italia da più di un anno (o Italiano), pensiamo che sia veramente improbabile che si possa contestare più volte il richiamato articolo, in quanto manca la prova che si tratti di un veicolo in regime di importazione
definitiva e che circola sul nostro territorio da oltre 1 anno.

Mandico & Partners. Avvocati e Commercialisti. Diritto dei trasporti e Adr merci pericolose