Il 18 gennaio 1992 Eluana Englaro, allora 21enne, perse il controllo dell’auto mentre stava tornando a casa a Lecco. . Inizia da quel momento la battaglia della famiglia e del padre Beppino in particolare, per vedere riconosciuto a Eluana il diritto di morire.

Il dibattito pubblico si era allora acceso intorno al tema della alimentazione e della idratazione artificiale e dall’altra parte il mondo laico e in particolare i radicali che sostenevano l’idea di una “morte dignitosa”. Il padre l’ha sempre ripetuto e lo ripete ancora oggi in una intervista al Corriere della Sera in cui ripercorre la vicenda e il calvario umano e giudiziario (conclusosi dopo 15 sentenze della magistratura italiana e una della Corte Europea) attraverso cui la figlia e tutta la famiglia sono dovuti passare per ottenere che la volonta espressa da Eluana fosse rispettata. Oggi dice Beppino Englaro riferendosi alla legge 219 del 2017 sul cosiddetto testamento biologico: “Eluana non sarebbe in trappola.”Eppure l’attuazione della legge che consente di lasciare le proprie dichiarazioni anticipate di trattamento stenta nell’applicazione. Non sono ancora presenti dati ufficiali sulle disposizioni anticipate di trattamento depositate, i dati ufficiali saranno trasmessi dal Ministero della Salute alle camere entro il 30 aprile 2019.

Con la finanziaria 2017 sono stati stanziati 2 milioni di euro per la creazione della Banca dati nazionale dei testamenti biologici che sarebbe dovuta essere operativa entro il 30 giugno 2018, ulteriori 400 mila euro l’anno sono stati stanziati con la finanziaria 2018, eppure della Banca dati, nonostante i ripetuti proclami della ministra Grillo, ancora non vi è traccia. Al contrario c’è traccia del tentativo di modificare la legge sulle dat in vigore da poco più di un anno, con modifiche che prevedono il deposito nel comune di nascita (invece che di residenza, ndr), e autorizzano solo il medico curante ad estrarre copia delle DAT. Sarebbero circa 10mila le persone in stato vegetativo o minima coscienza, pazienti in condizioni analoghe a quelle in cui versava Eluana.

In Italia aumenta la maggioranza dei favorevoli all’eutanasia Un recentissimo sondaggio di Demos& Pi effettuato nel Nord-Est ha evidenziato una netta maggioranza degli interpellati in favore della “buona morte”. Il 77 per cento si è infatti dichiarato d’accordo con l’affermazione secondo cui “quando una persona ha una malattia incurabile e vive con gravi sofferenze fisiche” è giusto che i medici l’aiutino a morire se il paziente lo richiede. Nonostante questo una legge in Italia ancora non c’è. La sentenza della Corte Costituzionale sul caso DJ Fabo e la legge in discussione alla Camera Il processo a Marco Cappato proprio per la vicenda di DJ Fabo ha riportato la questione al centro del dibattito politico.

Il 24 ottobre scorso la Corte Costituzionale ha scelto di rinviare la decisione sul caso al 24 settembre 2019 per dare tempo al Parlamento di legiferare e in questo modo sanare le lacune dell’attuale assetto normativo concernente il fine vita che “lascia prive di adeguata tutela determinate situazioni costituzionalmente meritevoli di protezione.” Il 30 gennaio scorso, a quasi duemila giorni da quando la proposta di legge di iniziativa popolare per la legalizzazione dell’eutanasia dell’Associazione Coscioni, su cui i radicali e altre associazioni avevano raccolto 130 mila firme era stata depositata, finalmente è iniziata la discussione sul testo nelle Commissioni congiunte Giustizia e Affari Sociali della Camera dei deputati. Al Parlamento sono rimasti circa sei mesi per approvare una legge ed evitare l’intervento della suprema Corte.

Ancora una volta cerco di attivare le coscienze di chi mi segue, un mio articolo su “gli stati generali”. Buona domenica.

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